Scaturchio
Nella Piazza S.Domenico Maggiore è d’obbligo l’incontro con la dolcezza dell’anima napoletana, che si assapora nelle raffinate prelibatezze della pasticceria Scaturchio. La ditta nasce in via Toledo, alla fine dell’800. Agli inizi degli anni '20 Giovanni Scaturchio si trasferisce in via S.Domenico, nella sede attuale. Nel cuore del Centro Antico di Napoli e della città degli studi ristabilisce così un punto di riferimento essenziale per un momento di pausa e di piacevole relax.
Lo stress di lunghe ore di lavoro, la stanchezza di un percorso turistico intenso, la tensione di una fase scolastica particolarmente impegnativa si sciolgono davanti ad un buon caffè e si perdono in un totale senso di piacere e di oblio procurato dalla degustazione di qualcuna delle tante squisitezze proposte dal locale: il Babà, la cui invenzione è attribuita a Stanislao Leszczynski (1677-1766), re di Polonia, che avrebbe per primo associato il rhum al kugelops, un dolce di origine austriaca a metà tra la brioche ed il panettone, ed avrebbe ideato anche il nome, pensando alle meraviglie di Alì Babà e delle Mille ed una notte; la Pastiera, che pare discenda da un antico dolce ateniese di grano e ricotta, e con il suo profumo delicato di fiori, cannella e vaniglia identifica la Primavera e l’atmosfera lieta della Pasqua; il Ministeriale, un delizioso medaglione di cioccolato fondente ripieno di una crema al liquore dalla ricetta segreta, inventato, nei primi anni dell’Unità d’Italia, dal capostipite della dinastia; la Brioche del Danubio, lo Zaffiro all’Arancia, la Torta Primavera alle fragoline di bosco ed infine la Sfogliatella napoletana.
Quest’ultimo dolce ha una storia singolare: collegato per la sua forma alla femminilità ed al culto pagano della Grande Madre, trova il suo caratteristico luogo di produzione nei Monasteri femminili.
Nel ‘700 un pasticciere napoletano trasferisce in ambiente laico la specialità, che resta tuttavia a lungo privilegio di palati aristocratici e raffinati. Nell’800 infine il Cavaliere Pintauro porta la sfogliata al popolo, riscotendo un grosso successo commerciale ed introduce a sua volta una variante, la “frolla”, che sostituisce alla crosta “riccia” e croccante della versione tradizionale un guscio di pasta frolla. Lo stesso Pintauro divulga la moda delle Zeppole, in origine frittelle più modeste consumate durante le feste ebraiche, inventando un nuovo metodo di lievitazione.
Altre specialità dolciarie, specificamente natalizie, sono gli Struffoli, di origine greca (il nome deriva da strongulos, cioè pasta di forma sferica), prodotti magistralmente in origine dalle Monache della Croce di Lucca; i Mustacciuoli (dal latino musacea, mostri), di cui erano artefici le Monache del Convento di S.Sebastiano; i Susamielli, di origine greca, impastati con pasta di mandorle, miele e sesamo, da cui il nome; i Roccocò, ciambelle robuste e profumate, forse da Rocaille, per la forma barocca e rotondeggiante.
Nel genere rustico, per i robusti appetiti della scampagnata di Pasquetta c’è il Casatiello, abbondantemente ripieno di salumi, formaggi ed uova sode; ed infine il Tarallo, con sugna, pepe e mandorle, da gustare sulla Collina di Posillipo.
Tendenzialmente povera, la cucina napoletana recupera la festosità e la ricchezza dai colori, specialmente il rosso del pomodoro; dalla fragranza degli aromi, il basilico, l’origano, l’alloro; dal vigore del peperoncino piccante; dalla genuinità dei condimenti; dalla manipolazione fantasiosa delle verdure, in versioni dolci (le Scarole con ulive, capperi, pinoli e passi) o amare (i “Friarielli”); fino alla elaborazione complessa della “Minestra Maritata”, in cui ben sei varietà vegetali si fondono con carni, salumi, formaggi assortiti in un tripudio trionfante di forti sapori.
Percorrere le vie del Centro Antico significa anche scoprire la genialità di un popolo che, pur disponendo di poco, sa inventarsi, a tavola come nella vita, la gioia e l’abbondanza.