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Chiesa del Gesù Nuovo

Giunti a Napoli nel 1552, i Gesuiti si erano insediati nei pressi dell’Anticaglia ed avevano occupato successivamente altri spazi. Col crescere dell’importanza dell’Ordine e con il moltiplicarsi delle sue funzioni (formazione dei novizi, collegio dei Nobili, scuole pubbliche gratuite, missioni), nacque l’esigenza di una sede più funzionale e di una grande chiesa rappresentativa che sostituisse quella del Gesù Vecchio.

Nel 1582 l’architetto gesuita Giuseppe Valeriano individuò nel Palazzo Sanseverino lo spazio più idoneo per l’attuazione dell’ambizioso progetto. Favorito dalla protezione del viceré Duca di Ossuna, l’Ordine nello stesso anno acquistò l’edificio. I lavori ebbero inizio nel 1584. La trasformazione della struttura, che prevedeva di lasciare intatta la facciata, fu opera dello stesso Valeriano. La chiesa fu aperta al culto nel 1597, ma la fabbrica continuò ad avere lunghe e tormentate vicissitudini, sia per il sovrapporsi  di successivi interventi, ispirati dal desiderio di arricchire e modificare la chiesa col mutare delle tendenze artistiche, sia per il succedersi di devastazioni prodotte da terremoti (rovinoso quello del 1688), da incendi e dissesti. A fornire ai Padri una casa adiacente provvedeva Isabella Della Rovere, ricordata nella lapide che sovrasta l’ingresso dell’edificio, che sorse addossata al Palazzo Sanseverino, incorporandone il bugnato ed alcuni finestroni, riportati alla luce da recentissimi lavori di restauro effettuati nella ex Casa Professa, sede dell’Istituto “Fonseca”.

Costretti ripetutamente ad abbandonare Napoli in relazione alle vicende storiche dell’Ordine, i Gesuiti nel 1900 rientrano definitivamente in possesso di parte dell’insula, che era giunta progressivamente ad espandersi fino all’odierna Piazza Dante.

La facciata conserva il primitivo prospetto, reso più ricco con l’aggiunta, intorno al portale originario, di due lisce colonne corinzie, sormontate da un frontone curvilineo spezzato ed ornato da stemmi, cartigli ed angeli, opera di Bartolomeo e Pietro Ghetti (1695).

L’interno della chiesa, nel suo aspetto attuale, offre una delle testimonianze più rappresentative dell’arte napoletana: scultura, pittura, architettura, si amalgamano insieme in un esuberante apparato decorativo, in cui sono riconoscibili, ma non isolabili, le presenze di vari artisti e di vari stili, dal tardo manierismo al ‘900, anche se preminenti risultano gli elementi del Barocco e del Rococò.

Una profusione di marmi policromi ricopre le pareti, il pavimento(1728), i pilastri, le cappelle, esibendo un vasto repertorio del commesso marmoreo dai primi del ‘600 a tutto il ‘700.

Ricchissima anche la decorazione ad affresco che comprende opere di Francesco Solimena, tra cui famosa specialmente la Cacciata di Eliodoro dal Tempio nella controfacciata (1725), i cicli di affreschi seicenteschi nella navata centrale del transetto, ispirati alla storia dell’Ordine, dei Santi fondatori, dell’Immacolata, realizzati da Belisario Corinzio, Paolo De Matteis e Luca Giordano.

Nella chiesa napoletana è particolarmente vivo il culto di S.Ciro, le cui reliquie sono contenute in un’urna nella Cappella detta del Crocifisso.

Al medico Giuseppe Moscati, santo recente molto popolare ed amato, è dedicata una Cappella sulla destra della chiesa. In una serie di sale attigue numerosi ex-voto attestano i miracoli del Santo, protettore degli ammalati, ed un piccolo museo raccoglie oggetti e testimonianze della sua vita e della sua attività.

Orario di visita: 9-12,30 e 16,30-19,30

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