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Immagini - Napoli Greco Romana: San Lorenzo Maggiore

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CONVENTO DI S. LORENZO MAGGIORE: AREA ARCHEOLOGICA

L’area archeologica è situata nel Centro della città antica. Al centro del tessuto urbano si sviluppava la Piazza principale, l’Agorà dei greci, detta Foro nella sistemazione romana.
In tale piazza erano presenti importanti edifici cittadini. Lo scavo ci fa conoscere la sistemazione architettonica di una parte del Foro in età imperiale romana. Sulla piazza si apriva il Macellum, il mercato alimentare della città, costituito da uno spazio scoperto circondato da botteghe, ed, al centro, la Tholos, un edificio circolare (A). Questa situazione è oggi parzialmente visibile nel chiostro.
Il Macellum era costruito su una terrazza. Il sistema di costruzioni su terrazze rispondeva all’esigenza di recuperare spazi in una città costruita su pendìo. Una fila di botteghe aperte su una strada lastricata costituiscono le fondazioni della terrazza (B). Gli ambienti sono stati sistemati negli ultimi anni del principato di Nerone ed eranoutilizzati come edifici pubblici, a tal proposito è importante osservare l’Erario (9). Nel corso dei secoli gli ambienti, in coincidenza con i periodi di crisi, vennero utilizzati come botteghe artigiane rozze e precarie.
La sistemazione romana utilizza strutture più antiche del IV secolo a. c. , visibili in più punti dello scavo.
La strada lastricata percorribile nello scavo conduceva al decumano maggiore (via dei Tribunali).
Il monumento e l’area sono stati in vita fino alla fine del V secolo d. c. , quando un’alluvione colpì la città. Sul materiale di riempimento furono costruite case medievali, di cui resta il cosiddetto “Seggio” (E), e la Basilica paleocristiana. Le strutture medievali furono in parte abbattute nel 1236, anno d’arrivo
dei frati, per far posto alla basilica gotica ed al convento.

Il complesso chiesa-convento, impiantato nel corso del XIII secolo sul sito occupato dalla Basilica Paleocristiana, edificata a sua volta su edifici classici, occupa la metà superiore dell’isolato compreso tra via dei Tribunali a nord, via S. Biagio dei Librai a sud, vico dei Maiorani ad est e via S. Gregorio Armeno ad ovest.
Esso nel corso dei secoli variamente ristrutturato, ampliato, abbellito col variare di esigenze, tendenze e gusti, fino a quando nel corso dell’800, in seguito alle varie soppressioni degli ordini religiosi ed alla cacciata dei frati, venne frazionato nella proprietà e mutato nella destinazione d’uso. Allo scempio derivato da tali eventi si è posto rimedio a partire dal 1925 quando ebbero inizio i lavori di restauro. Già in tale fase si verificarono i primi sporadici rinvenimenti;nel;nel 1929, costruendosi il muro di sostegno all’arco trionfale, a metri 1, 30 di profondità dall’attuale piano di calpestio, venne in luce un pavimento a mosaico in tessere bianche.
La sistemazione del pavimento della chiesa, a seguito dei lavori di restauro ripresi nel 1954, consentì il rilevamento quasi completo della Basilica Paleocristiana: il consolidamento del transetto rese necessario lo scavo archeologico che portò al ritrovamento ed all’identificazione di notevoli resti di Neapolis: un tratto di strada lastricata , un grande edificio pubblico romano, notevoli preesistenze dell’età greca.
Dopo una lunga interruzione i lavori riprendono sul finire del 1972 e proseguono fino agli inizi del 1980.
I risultati dell’enorme mole di lavoro possono essere sintetizzati nella scoperta ed identificazione del Mercato Romano di Neapolis, costruito su un terrazzo lungo il lato sud della platea maggiore, corrispondente all’attuale via deiTribunali. Ad un livello inferiore lo scavo ha evidenziato una serie di ambienti che per tre lati sostruiscono e definiscono il terrazzo.
Tale sistemazione di carattere urbanistico va datata a partire dal IV secolo a. c. e resta in uso, pur tra adattamenti e trasformazioni fino a tutto il V secolo d. c.
Al di sotto del transetto e ad una profondità compresa tra i metri –5, 14 e –6, 64 si sviluppa in senso nord-sud una strada ricoperta da una lastricato del V secolo d. c. , ultimo rifacimento di precedenti pavimentazioni, larga 3 metri e lunga 54 metri. La strada perpendicolare a via dei Tribunali ed attualmente in sensibile pendìo, è uno degli stenopoi o cardini di Neapolis.
La strada è delimitata ad est da un muro, forse di terrazzamento o sostruzione di un soprastante edificio al cui posto si sviluppa ora la complessa struttura dell’abside gotica. Il muro, in opera listata alquanto tarda, può essere datato al III secolo d. c. Di maggiore interesse è l’edificio che si sviluppa a partire dal margine occidentale della strada, articolandosi in tre ali. La prima che corrisponde al settore orientale del complesso e si apre direttamente sulla strada, è costituita da una serie di ambienti in doppia fila, larghi complessivamente metri 8, 30 per  una lunghezza di metri 63, 50. Gli ambienti più interni, coperti da un’unica volta a botte e divisi da compagni in opera reticolata, misurano mediamente metri 3, 50x3, per un’altezza di metri 4, 20.
Nell’angolo nord-est delle stanze si apre la comunicazione con gli ambienti che danno sulla strada, simili ai precedenti nelle dimensioni e nella struttura tranne che nella copertura, singola per ogni stanza e voltata in senso nord-sud, e con apertura ad arco.
Non rientrano nella tipologia indicata i primi tre ambienti a partire da nord (corrispondenti in pianta ai numeri 3, 4, 5). Essi misurano mediamente metri 8x3 e sono e sono singolarmente coperti da volte a botte orientate in senso nord-sud. I tre ambienti ora descritti sembrano costituire il limite nord dell’edificio romano, da dove si sviluppano verso sud gli ambienti in doppia fila. Le dimensioni dei materiali e l’accuratezza della tecnica di costruzione indicano come datazione un periodo compreso tra gli ultimi anni del regno di Nerone e gli inizi del periodo Flavio, periodo in cui è testimoniata in diversi siti della Campania un’intensa attività edilizia e di ricostruzione a seguito del terremoto del 62 d. c. , individuano l’ingresso
Due pilastri parzialmente conservati sormontati da una trabeazione ed un timpano o di alcuni ambienti intercomunicanti, identificati come l’Erario della città.
L’ambiente n. 13, a sud dell’Erario, rivela una serie di preesistenze e di tardi adattamenti, una sorte di situazione emblematica di tutto lo scavo. Il muro sud viene inglobato nel ringrosso di fondazione della chiesa gotica, con lo sfondamento del pavimento romano e viene poi rifoderato quando, nel corso del XVII secolo, forse in seguito ad una pestilenza, la stanza è trasformata in fossa comune. Al di sotto del pavimento l’indagine ha rilevato l’esistenza di due muri paralleli : il primo in linea con la parete ovest dell’ambiente romano, il secondo in linea con la facciata in laterizio, in blocchi squadrati di tufo e con numerosi segni di cava. Sono questi muri di terrazzamento del IV secolo a. c.
Nella sua vita plurisecolare l’edificio è stato soggetto ad una serie di trasformazioni che, se toccano marginalmente la struttura, ne alterano sensibilmente la funzione.
Le taberne poste a pochi passi dall’Erario diventano con il passare degli anni sede di produzione artigianale legate ad un quotidiano alquanto misero. E’ il caso di un piccolo forno, rozzo e tardo, impiantato all’interno dell’ambiente n. 15, privo anche del camino per la fuoriuscita del fumo;è il caso della fullonica impiantata nell’ambiente n. 24: l’acqua per la lavorazione viene addotta dalla piazza soprastante, attraversando il lucernaio con una conduttura fatta a coppi e procedendo per un solco scavato trasversalmente nella parete in tufelli fino ad una vasca ottenuta foderando in cocciopesto l’angolo nord-ovest della stanza. I rifiuti liquidi della lavorazione si infognano al di sotto del calpestìo, sopraelevato rispetto all’originario livello con una pavimentazione in basoli tolti dalla strada.
La sopraelevazione del pavimento della soglia è un espediente attestato in quasi tutte le stanze per evitare l’afflusso di acqua sulla strada in caso di pioggia.
Nei decenni immediatamente precedenti l’interramento, la strada assume un brusco pendìo artificialmente prodotto e risultante probabilmente dall’annullamento di una scala di collegamento tra lo stenopoi e la platea.
Contigui ad angolo retto agli ambienti fin qui descritti altri ne seguono in direzione est-ovest, ad una profondità di metri –6, 94. Nel loro insieme essi misurano in lunghezza metri 24 e costituiscono l’ala meridionale del complesso, tipologicamente assimilabile al criptoportico. Gli ambienti misurano mediamente metri 3, 20x5, 60 ed in altezza metri 4, 50;essi sono singolarmente coperti da volta a botte orientata in senso est-ovest e sono intercomunicanti attraverso aperture ad arco nelle parti comuni orientate in senso nord-sud. La parte meridionale degli ambienti è conservata solo parzialmente e nella parte inferiore:il muro medievale di fondazione del convento la distrugge e la ingloba, dopo aver attraversato con un taglio netto le volte. La parete nord, ove sono lucernai lievemente strombati, è fino ad un’altezza media di metri 2, 50 dal calpestìo romano e per tutta la lunghezza dell’ala, definita dalla faccia esterna con un muro isodomo in blocchi di tufo. Il muro a doppia cortina con briglie trasversalmente ammorsate, ha un andamento a scarpa ed è costruito con lastroni di tufo dallo spessore medio di metri 0, 40, recanti numerosi contrassegni.
Nell’ultimo ambiente ovest dell’ala meridionale è seminterrata rispetto al livello di calpestìo romano una cisterna in lastroni di tufo uniti senza malta e con una copertura a volta, costruita in appoggio e quindi posteriore al grande muro greco, con funzione di pozzo di assorbimento delle acque della soprastante piazza.
Lo scavo condotto nell’area del chiostro settecentesco ha permesso di conoscere in buona parte il piano superiore dell’edificio. Si tratta indubbiamente del Macellum di Neapolis. Una serie di taberne, disposte lungo i lati est-ovest, si aprono su quanto resta di un’area porticata pavimentata in marmo.
Il porticato recinge una zona rettangolare scoperta, pavimentata a mosaico, al centro della quale era un elemento circolare, la Tholos, dal diametro di metri 16, 30, impostata su tre gradini rivestiti in marmo. La funzione scenografica-monumentale della Tholos era sottolineata da rivestimenti in marmi policromi, colonne e giochi d’acqua, a giudicare dagli elementi superstiti tra i quali un corsetto in laterizio, ricavato nel piano di calpestìo.
L’edificio, largo circa metri 35, 90, misura pressoché coincidente con quella dell’Insula di Neapolis, si sviluppava in rettangolo con accesso dal lato corto sulla Platea di via deiTribunali. Gli elementi che connotano l’edificio quali la forma, l’organizzazione degli spazi, il colonnato quasi tangente la Tholos, suggeriscono come confronto immediato il Macellum di Pompei al quale quello di Napoli è anche cronologicamente vicino.
Una visione complessiva del monumento porta ad interessanti conclusioni.
Là dove la tradizione indicava l’esistenza della Basilica è, invece sito il Mercato, costruito al centro della città. L’edificio, al quale si accedeva da via dei Tribunali, è sostruito da un sistema costituito da ambienti allineati lungo tre lati di un rettangolo. La sistemazione romana, che si inquadra nell’attività edilizia posteriore al terremoto del 62 d. c. , perpetua un sistema di terrazzamento adottato nel corso del IV secolo a. c. Tale sistema grazie alla ricostruzione romana risulta addirittura rafforzato dal modo in cui sono disposti gli ambienti;l’orientamento delle volte lo dimostra chiaramente. Esse, infatti, sono disposte in senso alternato, in modo da contrastare la spinta del soprastante terrazzo. Il terrazzamento, indispensabile per ricavare spazi in piano, in una città costruita su di un pendìo, ha comportato in questo caso la colmata artificiale del margine più basso della zona, e ciò comporta un aggravio di peso lungo il fronte meridionale;il muro greco dell’ala meridionale si presenta, quindi, differente dai coevi muri ad est e ad ovest;inoltre, poiché nel caso specifico alla funzione di terrazzamento è connessa quella di contenimento, esso è oltre che a scarpa, è anche a doppia cortina e quindi non direttamente ammorsato al fronte del declivio, come in altre situazioni accade.
L’area risulta frequentata già nel corso del V secolo a. c. L’edificio identificato sotto S. Lorenzo è costruito dopo il 62 d. c. sui resti di un grande edificio in blocchi di tufo in opera quadrata, e con eguale andamento planimetrico, edificato nel corso del IV secolo a. c.
La funzione commerciale dell’edificio in età imperiale lascia facilmente supporre un’analoga destinazione del monumento del IV secolo a. c.
L’edificio delimitato a nord della Platea di via dei Tribunali e ad est dallo stenopos, si inserisce quasi a cerniera in un’area caratterizzata da forti dislivelli.
Il Macellum si apriva originariamente sulla Platea:ciò significa che l’attuale ingombro di via dei Tribunali va interpretato come il ricordo dell’attraversamento di una Piazza che è nella direttrice della via che conduce a Porta Capuana.
La piazza interrompe il disegno ordinato degli incroci delle Platee con gli Stenopoi, infatti, la strada ritrovata sotto S. Lorenzo è sulla direttrice di vico Giganti che si apre sul ciglio nord di via dei Tribunali. La strada non è la prosecuzione di vico Giganti al quale è altimetricamente sottoposto;è, inoltre, probabile che il salto di quota fosse vinto da una gradinata.
La sostruzione del Mercato e la strada sono state in luce fino agli ultimi anni del V secolo d. c. , quando la zona fu colmata da una “colata di fango “, causata probabilmente da un’alluvione.
I termini cronologici dell’evento sono dati dal ritrovamento in positura originaria di materiali ceramici assegnabili alla fine del V secolo d. c. e dalla costruzione di sicura cronologia della Basilica Paleocristiana di Giovanni II, vescovo di Napoli tra il 537 ed il 557, le cui fondazioni sono allogate nel fango che oblitera l’edificio romano.
Lo spessore della colata consigliò una soluzione alquanto radicale:si preferì, infatti, colmare lo spazio della strada fino al livello del mercato e cioè della Basilica Paleocristiana e dell’adiacente Platea, il che consentiva tra l’altro il raddoppio della originaria insula e, quindi la disponibilità di spazi più ampi per nuove costruzioni.
Sulla colmata della strada viene, infatti, ad essere costruito il cosiddetto Seggio Altomedievale, che resta in vita insieme alla Basilica Paleocristiana fino all’arrivo dei frati nel XIII secolo.
La costruzione del Convento e della Basilica gotica comportano il taglio netto delle costruzioni Altomedievali, Paleocristiani e Romane ancora superstiti, a giudicare dall’abbattimento dei pilastri in laterizio del Mercato, rinvenuti sotto la Sala Capitolare.
A tale proposito va ricordato che i costruttori della chiesa gotica dovevano certamente conoscere la logica struttura del sottostante monumento romano a giudicare dall’estrema coerenza tra strutture portanti dell’elevato gotico e strutture romane sottostanti. Va inoltre notato che la struttura gotica stravolge profondamente il sottostante interro dell’area del transetto.
L’area dei monumenti al di sotto delle costruzioni del XIII secolo verrà usata nel corso degli anni come zona di sversamento.
La zona, inoltre, sarà variamente sconvolta da sepolture, cisterne, condutture, tutti segni di una vita che scorre senza soluzione di continuità.
 
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