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Immagini - Napoli Greco Romana: il Tempio dei Dioscuri

tempio dei dioscuri

L’unico documento che consenta una lettura della decorazione del frontone è il disegno eseguito da Francesco De Hollanda nel 1540. Diamo ora uno sguardo alla composizione nel suo insieme. Essa è realizzata con una serie di figure affiancate l’una all’altra, senza alcun rapporto narrativo. Questo schema è tipicamente romano e risponde alla volontà di trasmettere allo spettatore, attraverso le figure, precisi e programmati messaggi simbolici. Va tuttavia notato che nella composizione del frontone napoletano esiste una ricerca di interrelazione delle figure che tutte si volgono, dagli angoli, verso le figure centrali, vere protagoniste della sacra parata. Appare ovvio pensare, quindi, che il centro del frontone fosse occupato dalle divinità cui il Tempio era dedicato, Dioscuri e la Polis.
I Dioscuri che per amore fraterno hanno deciso di vivere e morire alternativamente un giorno ciascuno, rappresentano la continuità della vita

Il rifacimento dei Dioscuri nell’area del Foro della città in epoca Tiberiana (I secolo d. c. ) ben si integra in quella ristrutturazione che l’area certamente ebbe nella prima età imperiale. Il Foro di Napoli ebbe in quest’epoca un nuovo assetto sia urbanistico e sia ideologico.

“Tiberio Julio Tarso fece ai Dioscuri ed alla città il Tempio e le cose che sono nel Tempio. Pelagon liberto e procuratore dell’Imperatore avendolo finito a sue spese lo dedicò”
Molto probabilmente il Tempio venne costruito in seguito al terremoto del 62 d. c. Il ed era dedicato oltre che ai Dioscuri anche alla Polis.
Va inoltre ricordato che i giochi isolimpici, instaurati nel 2 d. c. vengono interpretati come un rinnovamento  dei giochi preesistenti in onore di Partenope, ora dedicati all’Imperatore ed a Venere, sua divinità tutelare.

IL CULTO DEI DIOSCURI

Il culto dei Dioscuri ha radici molto antiche e giunse a Napoli probabilmente da Cuma:ne seguiamo la continuità fino all’avanzato II secolo d. c. , quando ad essi venne dedicata una statua composta da due vincitori di giochi isolimpici.
Ciò che va spiegato è quando e perché il culto avrebbe avuto motivo di essere rinnovato in età romana e, per far ciò occorre andare a Roma.
A Roma il Tempio dedicato ai Dioscuri nel Foro fu costruito nel 6 d. c. e dedicato ai nomi di Tiberio e del fratello Druso, morto nel 9 a. c. Questo rifacimento dell’antico Tempio romano si inserisce nella Politica religiosa Augustea con un significato specifico. Ai Dioscuri erano stati assimilati Lucio e Gaio Cesare, figli adottivi e designati quindi alla successione di Augusto. Alla loro morte, rispettivamente nel 2 e 4 secolo d. c. , saranno Tiberio, designato al trono, e Druso ad ereditare tale assimilazione che la dedica del Tempio dei Dioscuri viene ad avvalorare e, successivamente a tutte le coppie di Principi destinati alla successione.
Ciò che va sottolineato è che già con Augusto il culto dei Dioscuri ha assunto un preciso valore dinastico.
Già all’inizio dell’epoca augustea assistiamo ad un ripristino del culto dei Dioscuri, mentre in epoca Tiberiana il culto dei Dioscuri è associato a quello di Augusto.

LA STORIA DEL MONUMENTO

Costruito nel I secolo d. c. , il Tempio rimase intatto per alcuni secoli, fino a quando, tra il finire dell’VIII o i primi del IX secolo, non sorse su di esso una chiesa cristiana.
La cronaca di Partenope ne collega la costruzione alle due vittorie riportate dai Napoletani sui Saraceni, negli anni 788 e 789, in giorni consacrati a S. Paolo.
La chiesa era divisa in tre navate da 18 colonne di granito, anch’esse certamente di spoglio, ed aveva la stessa ampiezza del Tempio Romano.
Ciò che merita essere sottolineato è soprattutto l’assoluto rispetto per l’ “antico impianto”, di cui viene conservato intatto il grandioso prospetto, ivi inclusa la dedica pagana, poiché la facciata della chiesa era arretrata e lo spazio tra le due tra le due tenuto a giardino.
Con il XVI secolo assistiamo ad una nuova e radicale trasformazione del Tempio. La piccola ed abbandonata chiesa viene concessa ai chierici regolari venuti a Napoli con il loro fondatore S. Gaetano da Tiene nel 1538 e questi, a più riprese, intervennero nella chiesa. Una prima fase è solo il restauro della fabbrica preesistente di cui vennero affrescate nuovamente le pareti e rifatto il tetto;l’area interposta tra la facciata del Tempio classico e quella della chiesa venne adibita a cimitero;infine, nel 1576, venne chiusa l’area antistante e rifatta la scala di accesso. Con il 1581 hanno inizio radicali lavori di ampliamento della chiesa, sotto la direzione di Francesco Grimaldi. Una prima fase vide la costruzione dell’abside e del transetto allungando la pianta della chiesa medievale:venne quindi ricostruita la navata eliminando le colonne che la tripartivano e, nel 1603, la chiesa venne riconsacrata.
Per tutta questa fase di totale trasformazione della chiesa, venne lasciato inalterato il prospetto del Tempio dei Dioscuri, come monumentale vestibolo della nuova fabbrica.
L’inizio della fine del pronao è da collegarsi all’intervento operato da Dionisio Lazzari nel 1671, in occasione della consacrazione di S. Gaetano. Venne allora realizzato un collegamento tra la facciata del Tempio e quella della chiesa, in tal modo appesantendo con carichi eccessivi la facciata antica. E fu così che, nel terremoto del 5 giugno 1688 la facciata del Tempio pagano crollò. Le rovine rimasero abbandonate nella piazza per lunghi anni. Delle colonne ne erano rimaste in piedi solo quattro, ma nel 1712 si decise di rimuoverne due e conservare solo le più esterne. In queste decisioni un peso notevole dovettero avere i programmi di ampliamento della facciata della chiesa, che mal si raccordavano alle dimensioni del prospetto del Tempio. Il primo progetto della nuova facciata fu poi parzialmente modificato in quello definitivo realizzato nel 1773, in cui si rispecchia la situazione attuale.
Pagano e sacro che fino ad allora avevano convissuto in pieno reciproco rispetto, vengono ora riproposti con piena aderenza allo spirito controriformistico.
Di tutta la facciata, a parte le due colonne e le basi ancora in situ, è stato ritrovato solo un frammento dell’iscrizione dedicatoria che rovesciato, era stato riutilizzato come lastra sepolcrale nel 1637 nella Certosa di S. Martino.

 
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