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Schede Storiche - Campi Flegrei: le Ville d'Otium

Intorno alla metà del II secolo a. c. , quando la cultura greca comincia ad essere accettata senza più ostacoli dalla classe dirigente romana, appare un nuovo tipo di Villa residenziale, di derivazione ellenistica, in cui, accanto alla tradizionale pars rustica, concentrata intorno all’attività di raccolta e trasformazione dei prodotti del fondus (per lo più vino, olio, cereali e frutta), assume sempre maggiore importanza la pars urbana, destinata al soggiorno del dominus.
La tendenza a privilegiare sempre più la parte urbana della Villa, intesa non solo come centro di produzione agricola, ma anche come luogo di piacere e di riposo, portò alla scelta di siti ameni e panoramici, come pendii collinari o costieri.
Furono quindi aggiunti al corpo principale della residenza portici e percorsi per passeggiate, disposti, quando la natura del sito lo consentiva, su varie terrazze.
Questo tipo di Villa, uno dei più caratteristici del mondo romano, venne ben presto ad accogliere gli otia degli uomini di Stato romani, quando, nelle pause dell’attività politica, potevano dedicarsi, a seconda delle inclinazioni, alla coltivazione dei propri interessi culturali o alla soddisfazione dei puri piaceri.
Naturalmente le Ville non erano abitate per tutto l’anno dai proprietari e, in loro assenza, da procuratori, liberti incaricati di sovrintendere all’attività dei numerosi schiavi che costituivano la cosiddetta famiglia.
È proprio sulle coste della Campania saldamente romanizzata che sorgono le prime Ville di questo genere.
Si devono distinguere Ville “costiere”, poste in prossimità della linea di costa ma prive di costruzioni sul mare e Ville “marittime”, legate a porti, peschiere o ad altre strutture marittime.
Le Ville marittime, in particolare, godettero di largo favore presso l’aristocrazia romana soprattutto tra il I secolo a. c. ed il I secolo d. c. quando il possedere una Villa con peschiera divenne, oltre che una moda, anche un simbolo di ricchezza e di prestigio personale.
Da un punto di vista architettonico, si possono individuare due schemi fondamentali: le Ville a peristilio e le Ville a portico. Le prime incentrate su un grande peristilio richiamano le planimetrie dei Palazzi Reali Ellenistici. Le Ville a portico discendono, invece, dai modelli dell’edilizia domestica del mondo orientale.
Il portico sembra essere una naturale evoluzione dello schema proposto da una serie di stanze che si aprono su di una corte o una strada. Questo tipo di Villa fu il più utilizzato, nel mondo romano, per l’edilizia costiera, poiché meglio si adattava a seguire il pendio collinare e ad offrire un vasto panorama sul paesaggio antistante.
In numerosi dipinti parietali provenienti dalla zona vesuviana sono raffigurate Ville con portici a tre bracci, su due o più piani, all’interno dei quali sono racchiusi giardini, piscine o addirittura specchi di mare.
È nel I secolo a. c. che l’area flegrea diviene sede privilegiata per la villeggiatura dei ceti agiati della società romana. L’amenità dei luoghi, il fascino delle antiche tradizioni elleniche, la stessa vicinanza della capitale e di un grande centro commerciale e finanziario come Puteoli: tutto ciò spingeva nobili senatori e ricchi cavalieri ad affollarsi lungo la costa del “cratere”, come era chiamato il golfo di Napoli.
Da Punta Ateneo a Capo Posillipo un’interrotta cintura di lussuose Ville correva lungo la via del mare.
Non vi fu grande della Repubblica romana che non avesse una proprietà nella zona: Mario, Silla, Cesare, Cicerone, nessuno si sottrasse a quella moda che appariva una prestigiosa necessità. Somme enormi erano profuse nell’allestimento ed abbellimento delle sontuose Ville.
Un costoso hobby, la piscicoltura, si diffuse tra i ricchi senatori, alimentando capricciose follie per l’allevamento di rarità ittiche e spese esorbitanti per la costruzione di gigantesche peschiere: il termine piscinarus divenne sinonimo di vizioso scialacquatore. Ma la piscicoltura poteva rivelarsi anche un investimento oculato: su di essa costruirono le loro fortune Sergio Orata, con i suoi vivai di ostriche nel Lucrino, e Caio Hirrio, che fornì 6000 murene per il banchetto trionfale di Cesare.
Non era comunque solo la luxuria, condannata da moralisti e lodatori dell’antica virtù a caratterizzare la vita nelle Ville Campane;anche la Cultura vi svolgeva un ruolo importante. Nella zona risiedevano un gran numero di dotti greci, attirati dalle tradizioni culturali e dalle istituzioni elleniche della città e della possibilità di trovare un generoso mecenate in qualche senatore filoelleno.
Non dovevano essere rare, nelle Ville, le dotte conversazioni tra aristocratici romani e clienti greci, delle quali un esempio ci può essere offerto dai dialoghi di Cicerone, spesso ambientati in Campania.
In particolare, intorno alla metà del I secolo a. c. , il golfo di Napoli divenne un centro di diffusione dell’Epicureismo, grazie ai circoli filosofici di Filodemo e di Sirone.
L’insegnamento dei due filosofi, che promettevano la pace e la tranquillità d’animo, attirò numerosi romani, tra i quali due giovani destinati a diventare i maggiori poeti della loro generazione: Orazio e Virgilio.
L’importanza dell’area Flegrea e del golfo di Napoli crebbe ulteriormente durante il primo secolo dell’Impero per la presenza abituale dell’imperatore e per il gran numero di Senatori provenienti dalle città Campane.
Le residenze imperiali, come il Palazzo di Baia, ancora più sontuose e complesse delle grandi Ville tardo Repubblicane, furono un esempio per aristocratici romani ed eminenti personaggi locali.
Nel III secolo, la generale crisi economica e politica dell’Impero provocò l’abbandono di gran parte delle Ville della zona.